Il Piacere

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Quando si finisce un romanzo resta sempre una nota nostalgica, una sorta di tristezza velata mista a soddisfazione e gioia. Erano anni che non leggevo un romanzo di tale eleganza e bellezza; la dolcezza narrativa e la poesia che sprigiona Il Piacere, sono unici nel loro genere. Attratto sempre da innumeroveli saggi i miei occhi sono caduti su questo libro datato ed impolverato che ha saputo fieramente catturarmi ed ammaliarmi con la sua prosa voluttuosa. Confesso di non averlo mai letto prima e me ne rammarico. Motivo percui vi consiglio di leggerlo se già non l’aveste fatto, l’anima e lo spirito ne saranno sommamente appagati. Solo D’Annunzio poteva concepire una prosa poetica di tale pacatezza e nobiltà, seppur il protagonista non sia certo un esempio di perfezione.
“Egli aveva in sé qualche cosa di Don Giovanni e di Cherubino: sapeva essere l’uomo da una notte erculea e l’amante timido, candido, quasi verginale. La ragione del suo potere stava in questo: che, nell’arte d’amare, egli non aveva ripugnanza ad alcuna finzione, ad alcuna falsità, ad alcuna menzogna. Gran parte della sua forza era nella ipocrisia.”
 
Il Piacere, Gabriele D’Annunzio
 


 

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